mercoledì 25 giugno 2008
tanti suggerimenti per le letture estive
La ragazza che giocava col fuoco, di Larsson, secondo libro della trilogia Millenium ( il primo è l'ormai celeberimo Uomini che odiano le donne, che mi dice Claudio ora alla Gaia Scienza si trova ).
Maruzza Musumeci di Camilleri, narrazione epica favolistica legata ad una fiaba siciliana su personaggi omerici. Caratteristica di questa ennesima produzione del grande Camilleri è l'andamento per così dire musicale del testo.
Saggio sull'arte del leggere e dello scrivere di Dacia Maraini, che spiega ad esempio come la punteggiatura dia una connotazione ben precisa al discorso e come questo sia anche legato allo stile personale: ognuno ha un suo periodare.
Da anche consigli di letture.
Aspetto Primavera, Bandini di John Fante ( Claudio e Salvatore prendano nota ).
Menzogna e sortilegio di Dacia Maraini.
Ombre sotto il portico di Loriano Machiavelli ( autore di Sarti Antonio )
Necropolis di Boris Paur ( sulle foibe ).
Mia madre non mi ha mai spazzolato i capelli di Marylin French, dà una chiave di lettura della maternità come vincolo ( non so a voi, ma a me questo titolo fa subito venire sensi di colpa ).
Quel pasticciaccio brutto di via Merulana di Carlo Emilio Gadda, un poliziesco particolare per l'uso del "romanesco".
Mandala ( Buck ) incentrato sull'India, nel contrasto sul nuovo e l'antico.
La cattiva figlia di Carla Cerati. Tema: i rapporti con la madre.
Personalmente sto continuando la lettura del già citato " Uomini che odiano le donne " di Larsson ( a proposito, Cristina, ci sono stata in biblioteca, tutto fatto, ho la tua ricevuta, però mi sono dimenticata di chiedere se avevano La ragazza che giocava col fuoco...).
Ci ritroviamo il 17 luglio, spero in giardino, se non fa troppo caldo.
A presto
Gloria
lunedì 16 giugno 2008
"Il grande Gatsby"
Ho riletto con vero piacere “Il grande Gatsby”, forse il romanzo più famoso di Fitzgerald. Partendo da uno spunto autobiografico, come spesso avviene nelle sue opere, l’Autore descrive l’ambiente dorato dei ricchi di Long Island e delle loro ville al mare attraverso Nick Carraway, l’"Io narrante" che si presenta subito non come protagonista, ma come testimone oggettivo della tragica storia di Jay Gatsby, il suo vicino di casa, un personaggio misterioso, diventato ricchissimo con le illegalità del proibizionismo, famoso per le sue feste colossali. Per chi non ha letto il libro non voglio raccontare la storia, anche perché, riassunta in poche parole, rischierebbe di sembrare banale e non renderebbe giustizia al romanzo che è bellissimo, scritto con una prosa delicata ed efficace che riesce a mescolare sogno, illusione, malinconia. Fitzgerald rappresenta nei suoi romanzi il “mito americano” degli anni che vanno dalla fine della prima guerra mondiale alla grande crisi del 1929, un periodo caratterizzato da grande sviluppo, frenesia di successo, desiderio di onnipotenza, ma allo stesso tempo dalla delusione e dal fallimento. Gatsby incarna questo sogno, è partito dal nulla, ha fatto fortuna ed anche se è una persona disonesta in realtà lo è meno degli altri personaggi, chiusi nella mediocrità, nell’egoismo, nella superficialità. Daisy è una donna priva di speranza, senza sentimento e gioia di vivere, cinica, consapevole dei sentimenti di Gatsby per lei che accrescono la sua vanità, ma incapace di provare vero amore. Il marito, Tom Buchanan, è un uomo dalla doppia morale, per se stesso e per gli altri, abituato a giudicare le persone solo in base ai soldi ed a possedere tutto quello che vuole, siano donne o cose. I due coniugi non si amano veramente e non sono felici, ma di fronte al rischio dello sgretolarsi del loro mondo ritrovano una loro unità, senza curarsi di nessuno “sfracellavano cose e persone e poi si ritiravano nel loro denaro o nella loro ampia sbadataggine o in ciò che comunque li teneva uniti e lasciavano che altri mettessero a posto il pasticcio che avevano fatto”. Gli “amici” che frequentano la casa di Gatsby pensano esclusivamente a se stessi e non esitano ad abbandonarlo completamente quando non può più offrire loro lusso e divertimento. In questo mondo artificiale viene messa in evidenza la futilità della ricchezza e la sua capacità di distruggere ogni sentimento, ogni autentica felicità. Gatsby invece mantiene una sua profonda umanità, nel rincorrere il suo sogno, il suo amore impossibile per Daisy, per il quale cerca di realizzare la sua esistenza, nell’infrangersi delle sue illusioni, nella sua solitudine: Molto bello l’epilogo in cui Nick guardando prima di partire i luoghi dove si era svolta la storia ricorda il sogno dei marinai olandesi che sull’isola avevano fondato New York e pensa così al sogno di Gatsby "Pensai, mentre meditavo sull'antico mondo sconosciuto, allo stupore di Gatsby la prima volta che vide la luce verde all'estremità del molo di Daisy. Aveva fatto molta strada per giungere a questo prato azzurro e il suo sogno doveva essergli sembrato così vicino da non poter sfuggire più. Non sapeva che il sogno era già alle sue spalle... Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgiastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. C’è sfuggito allora ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia...e una bella mattina… Cosi continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato."
Ciao
Rosa
mercoledì 11 giugno 2008
appuntamento di giugno
Ci troviamo giovedì 19 giugno. Farò il thè caldo e il the freddo, oltre la mia solita crostata. La preferite all'albicocca o ai mirtilli? Ah, dimenticavo, ho iniziato a leggere "uomini che odiano le donne". Se qualcuno legge casualmente il blog e fosse interessato a partecipare all'incontro di lettura a tema libero, lasci un commento con un indirizzo mail e sarà contattato. Requisito indispensabile: amare la lettura ( se non si fosse capito ), poi parliamo anche d'altro. Gloria |
lunedì 2 giugno 2008
Ancora su Jonathan Coe
Carissime, condivido con voi le mie impressioni sugli ultimi due romanzi di Jonathan Coe che ho letto il mese scorso.
“L’amore non guasta” è una storia complessa narrata su due piani paralleli: quello della realtà, le vicende reali di Robin e degli altri personaggi che gli ruotano intono, e quello dell'invenzione, le storie scritte da Robin che si inseriscono nell’intreccio narrativo completandolo ed ampliandolo, facce di una medesima situazione, vista da occhi diversi, con punti di vista diversi. E’ un romanzo di storie sovrapposte, di vite che il destino fa incontrare e scontrare: sullo sfondo l’Inghilterra con le sue case, i suoi caffè, le sue nebbie ed una società dove è necessario integrarsi, accettare le sue regole, per non essere messo inevitabilmente ai margini. Per me è stato meno avvincente degli altri libri di Coe che ho letto, penso che dipenda dal fatto che si tratta di uno dei suoi primi romanzi dove si nota una minore esperienza dello scrittore, ma in cui si ritrovano comunque già molti elementi sia narrativi che di contenuto che saranno pienamente sviluppati nei romanzi successivi. Quello che traspare in tutto il romanzo è una profonda solitudine: i personaggi interagiscono tra loro, ma le loro relazioni non sono profonde, spesso sono contrassegnate dall’ipocrisia e dall’incomprensione, parlano, ma non dialogano e quindi rimangono chiusi in se stessi e nel passato, schiacciati inesorabilmente dalla vita. Per salvarsi da questa solitudine sarebbe bastato l’amore (forse solo un tocco d’amore come esprime il titolo originale del libro), pensare non a se stessi, ma anche agli altri.
“Circolo chiuso” è il seguito de "La banda dei brocchi" e conclude un'ideale trilogia costituita da "La banda dei brocchi" (dedicato agli anni Settanta) e da "La famiglia Winshaw" (dedicato agli anni Ottanta). Qui siamo nel ventennio che dagli anni ottanta conduce al nuovo millennio. Il romanzo inizia in una situazione frammentaria, in cui il vecchio gruppo di amici della Banda dei Brocchi, dopo il liceo, si è inevitabilmente disperso. Una serie di eventi però li fa rincontrare facendo a volte rinascere i legami di amicizia, lasciando invece altre volte un senso di totale estraneità. Storie parallele, come nel primo volume, ma che stavolta non hanno più la leggerezza dell’adolescenza, ma portano con sé la pesantezza dell’età adulta. Non siamo più infatti nell’età dell’illusione e delle speranze, ma in quella della disillusione e del rimpianto, in cui ciascuno deve inevitabilmente fare i conti con se stesso. Forse è per questa amarezza che secondo me questo libro si fa amare meno della Banda dei Brocchi, così come per l’eccessiva volontà di voler chiudere a tutti i costi i circoli delle precedenti storie rimaste in sospeso, ma per chi ha letto il primo romanzo è comunque interessante leggere il seguito. Inoltre imperdibile per chi ha anche letto anche "La famiglia Winshaw" per completare il ritratto del clima politico-sociale dell’Inghilterra degli ultimi trent’anni: è il romanzo di una generazione di “gente pallida” che vive l'ascesa di Tony Blair, la svolta del Partito laburista, il dramma del lavoro costretto nella morsa della globalizzazione, le conseguenze dell'11 settembre fino alla guerra in Iraq. Il tutto narrato con la solita maestria e con ironia (formidabile la descrizione del voto di Paul sull’intervento in Iraq!), alternando il racconto degli eventi dei protagonisti a frammenti di cultura del secolo, musica, letteratura, e storia.
Ciao
Rosa