Care amiche, Gloria nel suo post ha centrato quale era il mio 
giudizio sui libri che avevo letto. "Mr Gwyn", il libro di Baricco, pur essendo 
scritto molto bene e partendo da un'idea originale (quella di uno scrittore che 
"dipinge" con le parole dei veri e propri ritratti delle persone che 
posano davanti a lui facendoli avvicinare a quella che è la loro realtà più 
profonda) non mi ha saputo prendere nè emozionare. Sarà un problema mio con 
questo autore! Diverso il libro di Franco Di Mare, una scrittura non letteraria, 
ma più da giornalista, come è d'altra parte l'Autore, che con molta semplicità 
racconta una storia vera, quella dell'amore a prima vista di un inviato di 
guerra con una bambina. E' la sua storia e questo trapela in tutto il libro. Fa 
da sfondo la guerra nella ex Jugoslavia descritta con tratti significativi. Ho 
ritrovato nelle sue descrizioni quanto ho provato lo scorso anno quando, durante 
un pellegrinaggio a Medjugorje, sono stata a Mostar. Tutto è ormai ricostruito 
materialmente, ma una città dove convivevano pacificamente e in modo anche 
originale più religioni adesso è ancora divisa e ci sono sempre quelli che 
stanno "dall'altra parte". Una distesa di croci sulle colline e nei giardini 
della città testimoniano tutto l'orrore che c'è stato. Bellissimo "Avevano 
spento anche la luna" dove l'Autrice racconta, prendendo spunto da vicende 
realmente accadute, la tragedia del genocidio in Lituania da parte di Stalin. 
Non è certo un libro da ombrellone, ma lo consiglio perchè credo che sia 
importante mantenere la memoria di questi avvenimenti sia per rispetto verso le 
vittime sia per ricordarci come è facile per l'uomo cadere nella barbarie. 
Questo è poi un capitolo di storia che io ad esempio non conoscevo 
assolutamente. E' un libro scritto molto bene, che ti prende dalla prima pagina 
fino alla fine. La narrazione è in prima persona, ma gli avvenimenti 
del presente vengono messi a stridente confronto con  racconti sereno 
passato che li rendono ancora più tragici. Pur nella crudezza del 
racconto l'Autrice non indulge nel voler  suscitare  nè 
raccapriccio nè pietismo, ma vera "compassione" e invito comunque alla speranza, 
trovando briciole di umanità anche in questo orrore. Non perdetelo! 
Dopo il 
nostro incontro, oltre agli ultimi libri che mi erano rimasti da leggere del 
Commissario Montalbano, una vecchia conoscenza e, per me, una novità.
La vecchia conoscenza è Jonathan Coe con il suo "Questa notte mi ha aperto 
gli occhi". E' la terza opera di questo Autore e quindi rivela dei tratti ancora 
di immaturità: niente a che vedere con il livello di altri romanzi 
successivi e quindi non è certo il libro adatto per avvicinarsi a questo 
scrittore, ma per chi ha letto molte sue opere può valere la pena per conoscerlo 
meglio. Già si vede la capacità di scrittura capace di coinvolgerti, l'utilizzo 
sapiente del flash-back, l'ironia, il mettere a nudo il disagio di una 
generazione incapace di comprendere la propria identità e di dar seguito ai 
propri sogni. Il filo conduttore è la musica, ma con una serie di descrizioni 
tecnicistiche che, per chi come me conosce giusto le sette note, impossibili da 
seguire e quindi costantemente saltate nella lettura. Nel finale purtroppo 
si perde completamente e mi sembra decisamente tirato per i capelli. La novità è 
Marco Malvaldi e le sue inchieste ambientate sul litorale tra Livorno e Pisa 
nell'immaginaria Pineta (ma per chi conosce i luoghi è facile capire quale è 
il vero riferimento). Io ho letto il suo primo libro "La briscola in cinque" e 
devo dire che è stata una lettura divertente. Non è un  vero romanzo 
giallo (io ho capito subito il colpevole, gli indizi non erano riportati in modo 
corretto, etc), ma l'inchiesta è più che altro la scusa per raccontare lo 
spaccato di una società. Siamo, a mio avviso, lontani anni luce da altri Autori 
che raccontano ambientazioni: senza riprendere il solito Camilleri, pensavo 
anche a Marco Vichi e Andrea Vitali; inoltre la scrittura non è eccezionale, 
basata fondamentalmente sul dialogo serrato, e il racconto è spesso infarcito di 
stereotipi (il calabrese duro di comprendonio, il livornese catena d'oro e gilet 
di pelle sul torace nuodo, etc). Comunque, nonostante questo, per passare alcune 
ore, il libro si legge facilmente e piacevolmente. Il  "barrista" 
Massimo, ma soprattutto i vecchietti del Bar Lume, nonno 
Ampelio, Aldo, il Rimediotti e il Del Tacca, sono 
delle vere e proprie figure che con le loro battute in vernacolo non possono 
fare a meno di farci sorridere e in questo periodo non è comunque poco.
 A 
lunedì. Rosa